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La teologia del corpo di GP II
di Franco Damiani

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione
       Caro Invernizzi,
       nella recensione del libro di Yves Semen "La sessualità secondo GPII", sull'ultimo numero del "Timone", Lei scrive che «l'amore coniugale è cosa buona in sé e non soltanto perché finalizzato alla trasmissione della vita, ma in quanto bene proprio e immagine dell'amore che si comunicano le persone della SS. Trinità o che segna il rapporto fra Cristo e la Chiesa. Così la donna non rischia di essere utilizzata come mezzo o semplice strumento di trasmissione della vita». (1)
    Non ritengo inutile precisare che si sta parlando di sessualità, ragion per cui l'espressione "amore coniugale" va letta più esattamente "atto coniugale". 
    Le domando: ma se "l'atto coniugale" è "cosa buona in sé", a prescindere dalla finalità riproduttiva, perché mai la Chiesa pretende per la validità del matrimonio che i coniugi accettino "tutti i figli che il Signore vorrà loro dare"?
       Scrive Romano Amerio in Iota unum, p. 553: "Questa priorità oggettiva del fine genetico sembra persino esigere una priorità soggettiva nell'ordine intenzionale. Innocenzo XI riprovò infatti la sentenza che gli atti coniugali siano esenti da colpa se si esercitano senza porvi l'intenzione generativa, per sola spinta di piacere (DENZINGER, 1159). Se la bontà dell'unione coniugale è compromessa dalla mancanza di positiva intenzionalità nei riguardi dell'effetto genetico, sembra che il matrimonio includa obbligatoriamente l'intenzione genetica. Si viene dunque a variare la dottrina se si pone come intenzione sufficiente alla bontà del coniugio il fine del perfezionamento e della reciproca donazione".
       Lei è almeno d'accordo sul fatto che la dottrina sia variata e che quindi per quasi duemila anni la Chiesa avrebbe, secondo il suo parere, insegnato una concezione del matrimonio che sviliva la donna?   
       Ancora: se l'atto coniugale è "cosa buona in sé", a prescindere dalla finalità riproduttiva, su che cosa si fonda il divieto della contraccezione?   
       Infine: se l'atto coniugale è "cosa buona in sé" perché mai Nostro Signore, ricettacolo di ogni perfezione, non si sposò e pose come condizione ai suoi seguaci di lasciare la famiglia per seguirlo e di vivere in castità, considerata evidentemente per il cristiano lo stato ideale (e da ciò la dottrina bimillenaria del "remedium concupiscentiae", oggi messa in soffitta, nonchè la norma bimillenaria del celibato ecclesiastico?).   
       Anzi: se l'atto coniugale è "cosa buona in sé" perché mai Nostro Signore scelse di venire al mondo da una Vergine, davvero utilizzata "come mezzo e semplice strumento di trasmissione della vita", compito da Lei accettato con entusiasmo e umiltà, conscia, come dovrebbe essere ogni cristiano, di non essere appunto che uno strumento della volontà del Signore? La Chiesa non ha forse sempre insegnato che la verginità della Madre di Dio, verginità "prius et posterius" il parto, si fonda proprio sul fatto che sarebbe stato disdicevole che Dio si incarnasse attraverso quell'atto che lei definisce "cosa buona in sé"?   
              E non ha forse insisito troppo Giovanni Paolo II con la sua "teologia del corpo",  mortificando la stessa distinzione tra sacerdoti e laici, sminuendo la nozione del celibato
, anche non consacrato, e favorendo quel "malessere" da tempo diffuso nelle file del clero, costretto a rinunciare a una cosa "buona in sé" senza comprenderne bene le ragioni?(2)   

Franco Damiani

 

 

 

 

 

(1) Perché, eventualmente, sarebbe mortificante essere "mezzo o semplice strumento di trasmissione"? Invernizzi non ha mai pensato che l'onore dipende anche da ciò che si trasmette? E c'è qualcosa che sia più della vita? In questi giorni tanti si onorano di portare e trasmettere la fiamma olimpica... veramente ben poca cosa! e perché mai trasmettere la vita dovrebbe essere avvilente? da semplice strumento?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 



(2) Anche su questo dorvrebbero riflettere coloro che vogliono "santo subito" GPII: un teologo del corpo sarà "santo del corpo", ma non di Dio!

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